domenica 2 dicembre 2012

E poi venne il tennis dal vivo

Ieri pomeriggio ho assistito alla prima partita di tennis della mia vita dal vivo. Non era un vero e proprio match ma La Grande Sfida: ovvero una manifestazione senza scopo di premio in cui si sono fronteggiate Ana Ivanovic vs Roberta Vinci, poi Maria Sharapova vs Sara Errani, infine le quattro in un doppio: ciascun match fatto di un solo set. Insomma, come prima volta non è andata proprio male.

Questa non è una foto de La Grande Sfida 2012,
è una bella foto di Vincent Laforet
Benché non mi sia mai cimentata a rete racchetta alla mano, so che giocare a tennis è come giocare a scacchi sparandosi pallettate a 150km/h, correndo a destra e a sinistra, avanti e indietro sul campo, magari per ore. Devi essere il braccio e la mente e devi esserlo "da- so-lo" a ogni set, a ogni match, in ogni singolo minuto di allenamento. Lo so da quando iniziai a seguire il tennis alla tv a fine anni '90 su quello che allora era Telepiù (che poi divenne Sky: preistoria): il mio torneo preferito era il Roland Garros, poi venivano gli open degli Stati Uniti, quelli d'Australia e infine Wimbledon (il che è un'anomalia, lo so). Finita l'Università, addio tempo libero, addio tennis in tv. Chissà, forse non ci tenevo abbastanza. Tra gli eventi memorabili di quel tennis televisivo, ricordo una serata in cui miracolosamente la mia famiglia (tutta intera, fratello e padre calciocentrici compresi) restò avvinghiata davanti allo schermo per sbranare con gli occhi un match interminabile, credo fosse Roddick - Nalbandian, US Open 2003, ma non ne sono sicura. Il fatto è che - straordinariamente - nessuno fiatò, nemmeno per obiettare che su un altro canale c'era il tg (sacro!).

Questa invece, come potrete notare dalla differenza
con la precedente, è una foto scattata da me de La Grande Sfida 2012.
Per darvi un'idea della mia visuale

Poi è arrivata la fenomenale bio di Agassi, Open, poi la pubblicazione di due saggi sul tennis di David Foster Wallace, Il tennis come esperienza religiosa, e mi si è accesa una mancanza. Proprio DFW mi ha punto sul vivo: mi fa notare che non è possibile cogliere la grandezza di questo sport (e la straordinarietà dei suoi campioni) finché non lo vedi dal vivo. Sicchè, mi sono detta, non potevo bucare l'unico evento tennistico alla mia portata e cioè a Milano e cioè: La Grande Sfida. Milano ce l'aveva un torneo, era indoor e rientrava negli International Series, ma dopo aver visto le vittorie di Borg, McEnroe, Lendl e compagnia (anche di Federer nel 2001), ha chiuso i battenti nel 2005. Nel 2011 la mia città si riprende un pezzetto di spazio nel tennis internazionale con  la manifestazione di cui sopra: forse piccola rispetto ad altre ma grande per sforzi e intenzioni. L'anno scorso hanno giocato le sorelle Williams, Schiavone e Pennetta. Quest'anno è toccato a Sharapova-Ivanovic-Errani-Vinci.

David Foster Wallace, fu anche tennista

Sono state tre ore per me semplicemente wow!.Le due italiane sembravano due nane contro la russa e la serba, appena le vedi entrare in campo nei rispettivi singolari pensi che non hanno chance, che farebbero anzi meglio a scappare a gambe levate. E invece sono un concentrato di energia e buon gioco, ci credono e ce l'hanno scritto nei dritti e nei rovesci. I primi punti di ogni set volano via in fretta, i colpi sembrano riflessi incondizionati, poi il gioco diventa più... mentale. Il braccio si fa più succube della mente e la fatica costringe la testa a elaborare un piano per far fuori l'avversario prima che le tue gambe si schiantino a terra. Si trattava di una esibizione sportiva, non c'erano premi in palio, né glorie particolari, eppure l'istinto agonistico non si può mettere da parte. E così la Sharapova si risente per una palla "chiamata dentro" mentre lei era convinta del contrario, le (sue) prime di servizio sfiorano i 190 km/h, non poche risposte lasciano senza fiato, per non parlare di palle corte e smorzate, demi volée. Se poi vi interessa la mia umilissima opinione, ho trovato che Roberta Vinci abbia giocato molto meglio della Errani, la Sharapova imbattibile rispetto a tutte le altre (praticamente domina il campo, e mi direte: con quelle gambe lì! Beh, Ana Ivanovic non è mica un umpa lumpa ma - almeno ieri - non ha dato esattamente la stessa impressione).

È stato uno spettacolo divertente e appassionante, insomma. Nonostante le ragazze in campo non abbiano deliziato la platea con un balletto come fecero l'anno scorso Williams & Co., pare tra l'altro che tale mancanza abbia deluso soprattutto i giornalisti sportivi maschi in tribuna stampa ("La Sharapova è troppo algida per concedersi a queste cose", ha sentenziato un collega), e infatti c'è chi ha scritto che più che Grande Sfida si sia trattato di Grande Noia: parere un po' troppo estremo. Pace. Lo spettacolo c'è stato e ha entusiasmato un Forum di Assago quasi al completo. Ciò significa che:
  1. il tennis gli italiani lo seguono (e lo praticano, i piccoli soprattutto);
  2. c'è una fame di tennis che in Italia non trova mense;
  3. forse forse forse forse qualcosina sta cambiando, visto che l'evento è stato trasmesso sul Sky Sport 1, riservato per tradizione al calcio;
  4. il tennis femminile dà risultati (e di questo si parla già da un po') e c'è da baciarsi i gomiti per questo, ma... che si fa se e quando i risultati non arrivano? Esempio: mettiamo che nel 2013 non si mette in luce nessuna giocatrice italiana in particolare (facciamo gli scongiuri del caso), chi invitiamo alla prossima Grande Sfida?
  5. voglio i biglietti per la prossima Fed Cup Italia/Stati Uniti a Rimini (9 e 10 febbraio - ricordate che il Natale si avvicina, grazie).
Confermo l'emozione del tennis vissuto praticamente a fondocampo, dove lo schiocco della palla sulla racchetta ha un sapore decisamente particolare, gusti il sibilo della palla sparata dalla parte opposta della rete, "vedi" i mugugni dei giocatori che si fanno il mazzo. E soprattutto confermo, capisco e ringrazio (ancora una volta) DFW quando scrive:

"La grande intuizione di Schtitt, sua grande attrattiva agli occhi del defunto padre di Mario: Il vero avversario, la frontiera che include, è il giocatore stesso. C'è sempre e solo l'io là fuori, sul campo, da incontrare, combattere, costringere a venire a patti. Il ragazzo dall'altro lato della rete: lui non è il nemico: è più il partner nella danza. Lui è il pretesto o l' occasione per incontrare l'io. E tu sei la sua occasione. Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l'io in immaginazione ed esecuzione. Scompari dentro al gioco: fai breccia nei tuoi limiti: trascendi: migliora: vinci. Ecco la ragione per cui il tennis è l'impresa essenzialmente tragica del migliorare e crescere come juniores serio mantenendo le proprie ambizioni. Si cerca di sconfiggere e trascendere quell'io limitato i cui limiti stessi rendono il gioco possibile. È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è così, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all'infinito".

Lo scrive in Infinite Jest: se vi spaventa per la mole (e a me spaventa), leggete almeno Il tennis come esperienza religiosa. Ringrazierete il buon vecchio DFW per le perle, come sempre.

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