domenica 9 febbraio 2014

Ladri di biciclette (io vi maledico)

Amara sorpresa, oggi pomeriggio nel box comune del palazzo in cui vivo: mi hanno rubato la bici. Pare che non sei veramente milanese se non ti è capitato almeno una volta in città. A me è già successo, ma sempre nel paesino di provincia in cui vivevo fino al 2007. E mai in una proprietà privata, sempre in un posto pubblico : la fermata dell'autobus, banalmente. Eccomi dunque al mio battesimo milanese.

La sera del 21 luglio 2013, appena rientrati in casa, Stefano mi dice:
"Fa caldo, alza la tapparella che entra un po' d'aria".
Et voilà, il mio regalo di compleanno, la bici mia, con tanto di cestino,
caschetto, campanello e fiocco. E adesso... adieu, mon vèlo.


Non che mi voglia lamentare troppo: a un mio amico hanno portato via da box sotterranei blindatissimi la sua preziosa moto. Furono degli specialisti, c'è il filmato del sistema di sorveglianza interno a testimoniare il tutto: entrati e usciti in 60 secondi. Conosco una tizia, madre di due gemellini, a cui rubarono dal bagagliaio dell'auto i regali di Natale dei suoi pargoli, proprio la notte della Vigilia. Furti ben più bastardi di quello subito dalla sottoscritta, però quella era la "bici mia" (evocando un popolare video postato su Youtube in cui una giovane pugliese si disperava implorando il ladro del suo scooter di riportarlo alla proprietaria... "Quella era la moto mia!" e giù lacrime. Per inciso: non son più riuscita a rintracciare quel contributi su Youtube, ma a un altro link...).

Quella lì era bici che mi ha regalato mio marito quest'estate, che ho usato praticamente per soli due mesi. La bici che ha ballato una sola estate. Era la bici mia e voi, schifosi ladri di m***a, siate maledetti.

mercoledì 5 febbraio 2014

Le idee sono pesci

David Lynch
Sono stata alla conferenza che il mitico David Lynch ha tenuto al Teatro Dal Verme il 3 febbraio per presentare il progetto Scuola senza stress, legato alla David Lynch Foundation, che si propone di portare i benefici della meditazione trascendentale nelle scuole. La fondazione lynchiana opera per diffondere questa pratica affascinante e prodigiosa: difficile non desiderare di sperimentare l'esperienza del "tuffarsi dentro", quando si ascoltano i racconti di chi abitualmente medita. Ignara di come si applichi la tecnica delle meditazione trascendentale, sono attirata dall'idea di poter saggiare anche io quell'oceano infinito di pace e creatività, lo stato di coscienza supremo in grado di allontanare la negatività così come la luce scaccia il buio: ciò di cui parlano coloro che appunto di tuffano. E, a proposito di acquaticità, tra le parole del regista che più hanno fatto effetto sulla platea il paragone idee - pesci:

"Per pescare occorre tanta pazienza e un'esca. L'esca, nel nostro caso, è semplicemente il desiderio di pescare qualcosa, di raccogliere un'idea. Fatta l'esca, occorre pazientare e attendere un po', ecco che un pesce abbocca. Nel cinema, un pesce è solo un pezzo di film, ma poi quando lo tiri su e lo lasci sulla tua barca e te ne innamori, allora lo tieni con te e inizi ad attirare altri pesci, e poi ancora e ancora: ecco, hai una sceneggiatura". 

Terminata la conferenza di lunedì, mi metto in tasca quello che ho sentito dire da Lynch (e non solo) e me ne torno a casa con tanta curiosità e un ombrello in meno (il popolo che medita - o che ama Lynch - con me nella sala del Dal Verme evidentemente non è abbastanza pacificato per non scavallare la mia umbrela in una sera di pioggia milanese, amen).

Martedì sera. Entro in un bar della catena Autogrill per un caffè e ne esco con una copia di Una stanza tutta per sé di Virgina Woolf (Newton & Compton, 0,99 Euro e tralasciamo un commento sull'odiosa copertina in rosa fru fru). Lo lessi un milione di anni fa, da qualche tempo pensavo di rileggerlo. Resto un po' sorpresa dalle prime pagine. All'inizio del saggio, la Woolf si descrive - tra realtà e finzione - mentre ragiona su come affrontare l'argomento "donne e romanzo" al centro della conferenza che terrà: riflette seduta sotto un albero nei giardini di una fantomatica università. Si legge (segue una citazione un tantino lunga, portate pazienza...):

Virginia Woolf, ritratta da Gisèle Freund
"Il fiume rifletteva a suo piacimento parte del cielo, del ponte e dell'albero infuocato, e non appena lo studente aveva sospinto la sua barca attraverso i riverberi, questi si chiudevano di nuovo, completamente, come se egli non fosse mai esistito. Sarebbe stato possibile rimanere seduti lì per ore, assorti nei propri pensieri. I miei pensieri - per chiamarli con un nome più altisonante di quanto meritassero - avevano gettato la lenza nella corrente. Essa ondeggiava, minuto dopo minuto, qua e là, tra i riverberi e le alghe, lasciando che l'acqua la sollevasse e l'affondasse finché - conoscete il piccolo strappo, l'improvvisa conglomerazione di un'idea alla fine della sua lenza, e poi il cauto tirarla su e l'attento adagiarla fuori dell'acqua? Ahimè, adagiato sull'erba, come appariva piccolo e insignificante questo mio pensiero; il tipo di pesce che il bravo pescatore butta di nuovo nell'acqua perché possa ingrassare e valga la pena un giorno di cuocerlo e mangiarlo. Non voglio seccarvi adesso con quel pensiero, per quanto, guardando attentamente, potrete trovarlo da sole in ciò che sto per dire. Tuttavia, per quanto fosse piccolo, possedeva, nondimeno, quella misteriosa caratteristica che è propria della sua specie: riportato nella mente, divenne subito molto eccitante e molto importante; e guizzando e poi lasciandosi cadere, e lampeggiando qua e là, creò un tale turbine e tumulto di idee, che fu impossibile rimanere seduta. Fu così che mi ritrovai ad attraversare con estrema rapidità un terreno erboso. Immediatamente comparve la figura di un uomo a fermarmi. Né d'altronde compresi subito che le gesticolazioni di quell'oggetto strano, in giacca corta e camicia da cerimonia, erano dirette a me. Il suo volto esprimeva orrore e indignazione. L'istinto, piuttosto che la ragione, venne in mio aiuto; lui era un custode; io ero una donna. Questo era il prato; quello il sentiero. Soltanto ai professori e agli universitari è permesso passeggiare qui; la ghiaia è il posto per me. Tali pensieri furono questione di un momento. Non appena riguadagnai il sentiero, le braccia del custode si abbassarono, il viso ritornò alla consueta compostezza, e, benché sia più comodo camminare sull'erba che sulla ghiaia, non era successo niente di molto grave. L'unico rimprovero che potevo fare ai professori e agli studenti di qualunque fosse quell'università, era che, per proteggere il loro prato, spianato per 300 anni di seguito, avessero fatto nascondere il mio pesciolino. Quale fosse stata l'idea che aveva causato la mia tanto audace intrusione, non riuscivo più a ricordare."

Sono rimasta stupita dalla somiglianza delle parole scelte da uno dei registi più intriganti del nostro presente e dalla grande scrittrice, delicata e sofferta nata nel 1882 e morta nel 1941. E mi chiedo se la riflessione di cui scrive la Woolf, interrotta poi dall'inserviente, possa avere dei punti in comune con l'esperienza della meditazione. Forse non dovrei stupirmi più di tanto, se è vero che il processo creativo è universale, che si faccia cinema, musica o letteratura. E se è vero che, come spiega David Lynch, tutti gli esseri umani possono tuffarsi in quel livello profondo di coscienza, piena e illuminata, attingere al "più del più", e poi risalire, portando sulla propria barca uno, cento, mille pesci.

P.S. Nota di colore: il ciuffo di Lynch è magnetico, il suo culo piuttosto grosso, la voce un pochino stridula. E la potete sentite anche qui.