martedì 24 gennaio 2012

Fernanda, due volte rapinata

Nei giorni scorsi, mentre si consumava la tragedia Costa Concordia, la mia attenzione si rivolgeva a un incidente di tutt'altra natura e portata. L'effetto su di me è stato però quasi di pari sgomento (e scoraggiamento). L'argomento in questione è Fernanda Pivano. Scomparsa nell'estate del 2009, lasciando un grande patrimonio librario, lettere e carteggi in custodia all'ex editore ed erede legale Michele Concina. Forse Fernanda Pivano se n'è andata da questo mondo tranquilla del fatto che di quel suo vasto parco libri si sarebbe occupata anche la Fondazione Benetton, che creò all'uopo una fondazione (Biblioteca Riccardo e Fernanda Pivano appunto). Da quanto scrive Concina sul Corriere le cose non sarebbero proprio così, la Nanda sarebbe stata anzi amareggiata e preoccupata. E qui nasce il penoso incidente di cui sopra.

Non avrebbe avuto tutti i torti di dolersi, la cara Nanda, visto che, tanto per cambiare, l'eredità è finita in bisticci, incomprensioni, con un unico risultato certo: la mancata catalogazione del Fondo Pivano e dunque anche la mancata possibilità di consultare, in un luogo deputato, i preziosi titoli e materiali che compongono questo fondo.

La sensazione è di déjà vu. Sembra si ripeta la vicenda del Fondo Pontiggia: invano il grande scrittore  aveva tentato di donare i suoi libri alla città di Milano, ricevette solo picche e finì che, a morte avvenuta, parte del fondo fu comprata da un magnate che ne traghettò parte in Svizzera. Rientrato tempo fa in Italia, del fondo ad oggi nulla si sa: catalogato, non catalogato? Prossimamente accessibile, come da volontà di Giuseppe Pontiggia, magari presso la Beic, il cui progetto arranca? Chi lo sa.

A far la differenza, nel caso Pivano, sono le accuse scambiate a mezzo stampa dalle parti in causa. Lanciate prima da Luciano Benetton (che parla chiaramente a nome della fondazione omonima), seguita dalla replica di Michele Concina e di nuovo da un intervento di Benetton, il tutto dalle pagine del Corriere della sera.

Ora, sarà forse colpa di qualche mio pregiudizio nei confronti di ricchi e potenti, ma in tutta questa storia a non convincermi è il ruolo della Fondazione Benetton: che preme sì sulla necessità della catalogazione, ma che certo non sembra tendere la mano a Concina. Basterebbe forse proporre di portare a Milano i lavori di catalogazione del Fondo Pivano, anziché spostare i volumi e le carte a Treviso, dove vi è ha appunto la sede della fondazione dell'imprenditore veneto.

Ettore Sottsass e Fernanda Pivano in una bella fotografia esposta
nella mostra di Palazzo delle Stelline a Milano
Quando penso a Fernanda, mi viene in mente la bellissima mostra della scorsa primavera a Palazzo delle Stelline: Viaggi, cose, persone, si intitolava. Ne parlarono tutti i giornali, compresi quelli di moda, per via della splendida collezione di gioielli etnici (e non solo) che la Nanda collezionò in vita e che vi erano presentati. C'erano poi poesie, disegni, lettere e bigliettini che testimoniano il legame tra l'intellettuale e l'architetto Ettore Sottsass. Di quella mostra comprai il catalogo, che dalla scrivania mi ricorda come l'esposizione fu ideata proprio da Michele Concina. Di Benetton non vi è traccia. Qualcosa vorrà dire. I quotidiani parlarono della mostra milanese anche quando proprio i preziosi gioielli vennero rubati, a esposizione in corso. Oggi il Fondo Pivano è in balìa di venti di polemiche e in qualche modo è come se Fernanda Pivano fosse stata derubata due volte.

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