martedì 28 giugno 2016

La Poesia, all'improvviso

Esterno - Sera. Impigliata nella routine da ufficio, mi libero al solito orario (18 e zero zero) e devio il canonico percorso verso casa. Faccio tappa Ral8022, l'idea è bere qualcosa con un paio di amici che non vedo da un po', scambiarci quattro chiacchiere, salutarci prima delle vacanze. Sappiamo benissimo che ci rivedremo a settembre, forse anche a ottobre e che, nel mentre, lo sguardo verso i rispettivi orizzonti non sarà poi tanto diverso da qui ad allora.

E invece. E invece succede che le chiacchiere si interrompono. Succede che insieme alla carta dei cocktail ci consegnano un altro menu. Un menu di poesie. Un cameriere che non è un cameriere si avvicina a un tavolo, la ragazza carina con gli occhi verdi e una civetta tatuata sulla scapola che lo ha chiamato gli ordina Stile, di Bukowski, e il cameriere che non è un cameriere attacca: "Lo stile è una risposta a tutto / un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso / fare una cosa
noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile". No, dico, stai parlando con me? Lo stai dicendo a me?

Il cameriere che non è un cameriere non si limita a recitare i versi, li interpreta, il cameriere è un attore e come lui, tra i tavoli, in mezzo alla gente che aspetta uno spritz, il fischio di inizio di una partita, un treno che passa o la notte che scorre, ci sono almeno altri otto suoi colleghi, tra ragazzi e ragazze. La mia amica ne chiama uno, gli chiede Itaca di Kavafis: "... In Ciclopi e Lestrigoni, no certo/ né nell'irato Nettuno incapperai/se non li porti dentro".

E poi tocca a me. E mi serve sentire Pavese, Ti ho sempre e soltanto veduta, e non trovo più pace. E mi serve la leggerezza di Benni, Prima o poi l'amore arriva. E mi viene chiesto se gradisco un po' di Dante Aligheri: Paolo e Francesca? Un po' di Purgatorio? Forse un Ulisse? Un Ulisse, per carità. E questo ragazzo che ho davanti, che non è un cameriere, che è un attore, un signor attore, si trasfigura  e mi racconta:

"... né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore".

Non c'era cocktail, né chiacchiera che potevano farmi sentire così. Sentire cosa? Sentire un "soffio" di vita. Se volete chiamiatela pure "botta di vita". Siamo abituati ad associare il concetto a esperienze "più forti" e invece la botta in questione arriva dalla poesia. Dici "poesia" e tanta gente si spaventa. Perché? Perché la poesia mette il dito proprio lì, dove fa più male, dove fa più bene, dove fa ridere, dove fa piangere, di dolore, di gioia, di commozione, di rabbia. Mette il dito nella piaga dell'Umanità.

Interno - Notte. Sono rientrata a casa, ho un sorriso così, ho camminato per un bel pezzo, il passo svelto ma l'occhio pronto a notare la bellezza che incontravo per strada. Mi sono tenuta stretta tutta l'emozione del Menu della Poesia. Sono qui nella mia camera da letto più viva di quando sono uscita stamattina. Più divertita. E' questo che succede quando incontri la poesia all'improvviso, il teatro all'improvviso.

Il Menu della Poesia non è un mio delirio mentale. E' il progetto, romantico e concreto, di un gruppo di attori professionisti che, quando non è impegnato sui palchi più prestigiosi di mezza Italia, porta la poesia alla gente durante un aperitivo al Ral8022, per le strade delle città e, fino al 15 luglio, al Bistrolinda del Teatro Elfo Puccini con cene a tema. Fanno sapere che il 19 e 20 novembre saranno presente a BookCity, a Milano. Fanno anche servizio a domicilio, nel caso,

Se cercate una botta di vita, se cercate di fare pace con la poesia o state danzando col vostro demone, non vi resta che scegliere la portata giusta dal Menu.