mercoledì 30 novembre 2011

Attaccàti al tram

Un vecchio tram di Milano - Fotografia di Stefano Molaschi


Oggi ho visto un film tratto da un libro. Il titolo di entrambi è Il giorno in più e sì, l’avrete capito, è proprio quel romanzo di Fabio Volo (sì, leggo pure Fabio Volo). Il fatto è che del libro mi era piaciuta da morire la lunga descrizione dell'incontro tra i due protagonisti, un uomo e una donna sui 35. L'incontro avviene su un tram, a Milano: nel libro è un tram della linea 30, che oggi non esiste più. Nel film l'emozione di questo episodio è meno intensa rispetto al romanzo, ma la pellicola lo racconta con colori identici a quelli della fotografia che vedete qui sopra, scattata da un certo Stefano Molaschi. È un'immagine imperfetta, un po' stortina, che però mi suggestiona perché dentro ci vedo l'autunno, il legno delle sedute dei vecchi tram milanesi (sebbene non siano qui in primo piano), le signore col cappotto che vanno chissà dove, l'aria frizzantina e motivante del mattino mentre sei diretto al lavoro o quella ristoratrice della sera, quando sei in viaggio verso casa. La sensazione di avere una città – lì fuori – che aspetta solo noi. 

lunedì 28 novembre 2011

Io, tè e un buon libro / 2

Un articolo di Natalia Aspesi, Il revival delle Brontë pubblicato su Repubblica lo scorso 5 ottobre , ha posto alla mia attenzione uno dei tanti classici della letteratura che non ho letto (tutti si vantano delle proprie letture, io svelo i miei deficit. Viva la sincerità): Jane Eyre. Complice l'uscita della riduzione cinematografica del romanzo di Charlotte Brontë, si è fatto un gran parlare di quest'opera, così mi sono decisa a leggerla e qui ve la consiglio.

Pensavo a Jane Eyre come al classico polpettone assegnata da pedanti professori di liceo e accolta con sommo sprezzo degli studenti. Mi son dovuta ricredere. Da leggere e rileggere! La Signorina Eyre mi colpisce fin dalle prime pagine, quando racconta di sé, bambina, orfana ospite sgradita nella casa della perfida zia, poi segregata in un terrificante istituto dove si muore letteralmente di stenti. Il carattere indomito, l'analisi lucida di sé e del mondo, la consapevolezza della propria bruttezza (preferisco pensare a una bellezza non canonica) ma anche della propria superiorità morale, il parlar franco - e dunque sfacciato per l'epoca - rendono la "povera, oscura, brutta e piccola" Jane Eyre un personaggio femminile davvero grande. Entra nel cuore e non vuol andar via. Non voglio dilungarmi sui dettagli dell'intreccio, immagino che Wikipedia sappia accontentare ogni curiosità. Dirò tuttavia che sono d'accordo con chi ha scritto che si tratta di un romanzo indeciso tra tradizione e rivoluzione, come con chi dice che Charlotte Brontë fa sembrare una scolaretta Jane Austen, e pure con Virginia Woolf che sottolinea la sapienza dell'autrice nel tratteggiare descrizioni paesaggistiche che fungono da vere e proprie cartine tornasole dell'animo della protagonista. 

Il poster del film di Cary Fukunaga
Last but not least – anzi! – la storia d'amore tra Jane e il Signor Rochester. Lui è l'uomo più scontroso e scostante che si possa immaginare, ma nei dialoghi tra i due la tensione attrattiva e sensuale arriva alle stelle. Ogni lettrice chiude il romanzo invocando un Signor Rochester sul proprio cammino. E francamente ogni uomo dovrebbe auspicare una Jane Eyre sul suo. Non proprio un uomo tutto d'un pezzo, questo Rochester, ma con le sue debolezze, eppure un osso duro. Come del resto è la Signorina Eyre. Il che mi fa riflettere sulla scarsità di tipi del genere (Jane o Rochester che siano) che incontriamo là fuori, nel mondo reale.

Consiglio dunque le pagine di Jane Eyre (BUR per 8,5 Euro) per riscoprire il valore dell'integrità versus un mondo zeppo di meschinità e vigliaccheria. Da accompagnare con una tazza di tè Assam: intenso e vigoroso, con un leggero retrogusto di malto.

P.S. A romanzo ultimato, è d’obbligo vedere il film di Cary Fukunaga, con l’interpretazione intensa di Michael Fassbender. A proposito di personaggi che ti entrano nel cuore e non vogliono uscire più. E già che ci sono vi consiglio di dare una letta a quanto scrive sulla pellicola Mariarosa Mancuso, nell'articolo Come si adatta un classico sul n. 5 della rivista Studio.

P.P.S. La mia Brontë-mania non si fermerà qui. Come suggeritomi da una cara, carissima amica, non posso perdermi Cime tempestose di Emily Brontë. Heathcliff, a noi due!

sabato 19 novembre 2011

La dignità del cesso

Il w.c. non è esente dai dilemmi
Fare dell'ironia sul tema è anche fin troppo facile ma il wc, la tazza, il cesso, insomma quella cosa lì comunque voi siate soliti chiamarla, ha la sua dignità, eccome. Del resto, se il censimento nazionale 2011 non ce lo domanda più, fino a qualche tempo fa includeva invece anche un quesito sulla toilette, chiedendo agli italiani se ne disponessero uno all'interno dell'abitazione o meno. Mia nonna - e non era certo la sola - aveva il cesso fuori dalle pareti domestiche, in comune con quanti abitavano in cascina insieme alla sua famiglia. Avere il wc personale è uno di quei lussi scontati a cui non badiamo più. Il World Toilet Day, che ricorre oggi 19 novembre, ci ricorda che due terzi degli abitanti del pianeta non ha una toilette a disposizione, con tutte le pericolose conseguenze sanitarie che ne derivano. Insomma, si fa presto a dire "cacca" ma non è un affare di poco conto, sussiste anzi il problema della quantità di acqua impiegata per lo scarico o quella della carta igienica annessa all'uso del wc.

Ognuno si faccia le sue riflessioni, intanto per questo IX appuntamento con il World Toilet Day vi segnalo l'interessante articolo apparso a giugno su Wired Italia, intitolato La novità del cesso, e COLORS magazine, con un numero che titola Merda: un manuale di sopravvivenza. Un approfondimento sull'argomento, tra tabù ed eco-considerazioni.

PS. Proprio vero che "chi troppo, chi niente": se una bella fetta di popolazione non ne ha nemmeno uno, da Colette, il mitico store pargino, persino il wc è tecnologico, quasi spaziale. La tavoletta si riscalda a vostro piacimento e, a dire il vero,  la "barra di comando" del cesso è talmente complicata che personalmente ho avuto timore di provarla. Ho preferito "andare sul classico".

venerdì 18 novembre 2011

Vite straordinarie: Edith Piaf

Pensate, non era mai stata tradotta in italiano, solo chi conosceva il francese poteva leggere l'autobiografia di Edith Piaf. O almeno finora: l'editore Castelvecchi ha appena pubblicato in Italia Au bal de la chance, storia della vita dell'uccellino di Francia raccontata da lei medesima: 189 pagine in libreria da questo novembre al costo di 16 Euro, con prefazione di Jean Cocteau. Il testo fu edito per la prima volta nel 1958 e rivela, tra verità storiche e - presunti - voli di fantasia, l'epopea di Edith Giovanna Gassion da Belleville, quartiere poverissimo nella Parigi del 1915.

La cover del volume
edito da Castelvecchi
Non morirà povera Edith Piaf ma, nonostante il successo di una carriera sfavillante, la miseria resterà in un certo senso un'amara costante della sua esistenza. Scaricata dalla madre, un'infanzia passata in un bordello, dove riceve però l'affetto delle prostitute ma sul più bello di nuovo strappata a quella realtà bizzarra ma stabile dal padre, che la conduce per strada a raccattar monete con il suo spettacolo di contorsionista: in quegli anni di gioventù e - appunto - miseria, conta su due sole alleate, una buona e una cattiva: la musica e la bottiglia. La voce potente ed espressiva le portano successo e gloria, ma anche una sconfinata solitudine. Dopo innumerevoli tourbillon amorosi arriva l'uomo della vita, ma una tragica morte attende dietro l'angolo. E allora la bottiglia non basta più... E' ancora giovane Edith Piaf quando perde il suo adorato Marcel Cerdan ma il dolore e gli strascichi dei vizi, portatori di sollievo e consolazione illusori, presentano il conto: l'artrite le deforma le splendide mani, la incurva, i capelli si fanno sempre più radi, solo la voce resta potente, benché segnata dalla malattia. La morte la coglie quando non ha nemmeno cinquant'anni ma ne dimostra anche il doppio.

Eppure. Eppure la Môme Piaf riesce ancora oggi a trasmettere il desiderio di buttarsi a capofitto nella vita, pur tragica che sia, a consumarla avidamente, costi quel che costi. Una figura che conquista, amatissima, venerata. Edith Piaf è un po' più vicina a noi, suoi cultori italiani che ora la scopriamo più da vicino con la complicità di Au bal de la chance, nell'edizione finalmente italiana.

P.S. Caso vuole che proprio recentemente abbia partecipato all'emozionante incontro su Edith Piaf tenuto da Ivan Donati nei nuovi spazi di Tutta colpa di Ipazia ad Abbiategrasso. Un'iniziativa, questa degli appuntamenti dedicati alla vita di donne straordinarie, di cui tornerò presto a parlare...


lunedì 14 novembre 2011

Io, tè e un buon libro / 1

Appartengo al popolo degli amanti dell'autunno. Nonostante la fastidiosissima umidità e la fitta nebbia che la stagione porta con sé (almeno qui a Milano),  il mio animo si ringalluzzisce davanti alle calde tinte del fogliame nell'aria frizzantina. Mi crogiuolo al pensiero di leggere un buon libro in compagnia finalmente di una calda tazza di tè. Che poi, quando mai si ha il lusso di schiaffarsi sul divano a divorare in poche ore il romanzo del momento o quello che ci ripromettiamo di leggere da una vita? Ora che ci faccio caso, è nella caotica metropolitana o sugli affollatissimi bus e tram che mi ritaglio il tempo di intrattenermi con Shakespeare e soci, altro che il relax del salotto di casa! Ma se non capita a me, non è detto che non capiti a voi: vi propongo allora una top ten di titoli in abbinamento a una tipologia di tè, optando per la varietà che meglio si adatta allo spirito del libro, saggio o romanzo che sia. Post dopo post, vi snocciolerò in dieci tappe i miei (umilissimi) suggerimenti di lettura.


Il romanzo di Vincenzo Latronico
(Bompiani, 15 Euro)
Si comincia con un libro bello tosto, La cospirazione delle colombe di Vincenzo Latronico (Bompiani). L'autore ha studiato filosofia morale e si vede, ha 27 anni e questo invece non si vede: nel senso che con un equilibrio degno di uno scrittore ben più navigato cesella in 384 pagine una storia di amicizia e successo, amore e "rampantismo", un termine che credevo desueto e che invece tale non è. I protagonisti sono ragazzi raccontati dai loro 25 anni fino allo sforamento dei trenta e per una volta non viene fuori un'immagine stereotipata dei giovani degli anni 2000. Nel romanzo c'è spazio per la teoria dei giochi, per gli spietati meccanismi del mercato immobiliare, per la rivalsa dei figli sui padri, per la lealtà e le carognate tra migliori amici. Chi ha voglia di saperne di più può dare un'occhiata all'intervista a Vincenzo Latronico che ho pubblicato quest'estate su Milanodabere.it. Per concludere, vi dico ancora che La cospirazione delle colombe è un libro che lavora nel cervello a lettura ultimata, di quelli che non hai subito voglia di riporre sulla mensola della Billy e via, sotto un altro.

Da accompagnarsi con una tazza di tè Russian Caravan, dal sapore corposo, intenso, con uno spunto affumicato. Evitare categoricamente latte o limone, è concesso dello zucchero, poco. Non semplice al palato ma di gran soddisfazione.

martedì 8 novembre 2011

Berlino e l'ottimismo della volontà

Il film diretto da Wolfgang Becker
Mi ero preparata un pezzo sull’anniversario del crollo del muro di Berlino. Rileggendolo non credo di aver scritto fregnacce, ma taglio le mie considerazioni personali sull'evento (l'anniversario) e sull'Evento (la caduta del muro) e salto direttamente alla conclusione e parlare di un film geniale in proiezione allo Spazio Oberdan di Milano proprio la sera del 9 novembre. Good Bye Lenin! è stato girato nel  2003 e, riassumendo all'estremo la sinossi, racconta di Alex, un ragazzo che cerca di ricostruire la realtà quotidiana della Berlino Est dopo il crollo del muro: tutto per tutelare la salute della madre. La donna infatti, una fervente attivista del regime, cade in coma proprio negli ultimi giorni di Berlino Est. Al suo risveglio tutto è cambiato ed è solo l’inizio: addio muro, addio Trabant, benvenute librerie Billy by Ikea e BMW… Lo shock del cambiamento potrebbe essere fatale alla mamma di Alex e così il ragazzo, la sorella e un amico fingono che tutto sia rimasto immutato, arrivando a confezionare telegiornali fasulli e ad allestire una sorta di scenografia in cui tutto è rigorosamente comunista per illudere la donna. Le faranno credere persino che i cittadini di Berlino Ovest abbiano chiesto cittadinanza alla Berlino rossa, colti da uno slancio anticonsumista.

Good Bye Lenin! è uno di quei film che un po' ti fanno sorridere e un po' ti fanno stringere lo stomaco. Tra le tante scene memorabili, ne ricordo una che forse passa più in secondo piano, quella in cui Alex e la sua fidanzata stanno affacciati al balcone di un appartamento sfollato e che hanno occupato, facendolo diventare tutto loro. Non ricordo le battute di quella scena, ma ricordo la sensazione nel vedere quelle immagini. Una giovane coppia si affaccia su una città colta in un irripetibile momento storico: tutto è finito e tutto è da fare. È il tramonto ma è anche l'alba. Nostalgia ed entusiasmo si incontrano e non si riesce a capire dove finisce l'uno e inizia l'altro, però poi a vincere è il futuro che è lì davanti, da scrivere e da conquistare. Pare che oggi per i giovani berlinesi la città parli ancora di futuro in termini ottimisti, nel senso – si badi - di "ottimismo della volontà".

Visitai Berlino nel 2003: la città era tutta un cantiere, sembrava che da quei buchi nel terreno sgorgassero fiumi di energia. Come se quei cantieri fossero la rappresentazione fisica di un'operosità diffusa tra la gente e la città fosse un progetto in divenire, non solo architettonicamente ma umanamente. Mi piacerebbe tornarci e poi tornare a casa, a Milano, dopo aver messo in valigia quella merce rara che è l'ottimismo della volontà.