giovedì 23 maggio 2013

Fnac, non ti scorderò

Difficilmente riusciamo ad accettare l'idea di fine. La nostra, tanto per cominciare, quella degli altri come anche quella della vita degli oggetti che ci circondano, nella misura in cui rappresentano un simbolo o un affetto. Anche i luoghi sono destinati alla stessa sorte. Ce ne accorgiamo soltanto quando quella fine diventa concreta, meravigliandoci perfino della profondità del rammarico che suscita. Che la Fnac avrebbe chiuso i battenti si sapeva già da un po'. La notizia girava da mesi, la appresi con stupore e incredulità, con una certa ottusità. Come quando non si vuol credere a una triste evidenza. Pare che il giorno sia arrivato, pare che sarà sabato 25 maggio. Io non sono pronta.

Su Facebook girano fotografie di scaffali vuoti, sale deserte che fanno da scenografia allo spettacolo di presenze spettrali, quelle dei commessi, quelle dei clienti. Direi che si tratta di gente a caccia dell'ultimo affare. Forse sì, o forse sono nostalgici preventivi che vogliono gustare il sapore di un ultimo giro alla Fnac. Ancora un acquisto prezioso, ancora un ricordo. Io appartengo alla seconda categoria. Quelle foto che giravano online mi hanno intimorita: e se fosse stato troppo tardi per tornare un'ultima volta? Così stamattina sono andata anch'io in via Torino per il mio personale addio a Fnac.

L'ultimo, triste, caffè


Ho varcato la soglia salutando, come sempre, l'omone nero della sicurezza, grande e grosso ma dallo sguardo buono. Lui ha ricambiato. Ci andavo così spesso alla Fnac che forse un po' ha imparato a riconoscermi. Custode di offerte, sconti e proposte e tentazioni librarie, musicali, filmiche. Mannaggia, quanti soldi ho speso lì, all'incrocio con via della Palla! Pardon, volevo dire investito! Sono passata nei corridoi del reparto musica al pian terreno: dov'è finita la folla in cerca spasmodica di dischi? Non ho avuto il coraggio di passare là dove portavo - una settimana sì, l'altra pure - i rullini di mio marito da sviluppare. Dove c'erano il boccione dell'acqua da bere, i divani comodi dove aspettare il proprio turno mentre una varia e vasta umanità ti passava di fianco. Ho scrutato i dvd rimasti e poi sono salita ancora di un piano, per fare colazione con cappuccino e brioche al bar. Amato bar, ricorderò la tua torta di mele con crema alla vaniglia, il rifugio che mi davi durante gli acquazzoni i cantanti e gli scrittori che arrivavano a presentare il loro ultimo lavoro... Mi sono seduta al tavolino attaccato alla finestra del secondo piano, ma i soliti camerieri, spiritosi e chiacchieroni non c'erano più. Ho pagato, ho gustato e mi sono alzata. Ho trascurato di passare nei bagni: vogliamo parlare dei bagni della Fnac? Sempre puliti, un porto sicuro nelle emergenze urbane.

Il volume di Linda McCartney, ultimo cimelio dalla Fnac

Qualche commesso - non qualcuno dei soliti però - si fa largo con grossi carrelli per spostare la merce in vendita dal magazzino agli scaffali. Altri invece svuotano gli espositori: dove andrà a finire tutta quella roba? Sono al terzo piano, quello meno contagiato dalla desolazione: sono ancora tanti i libri che campeggiano a destra e a manca. Ma anche qui è la sensazione che si respira a segare le gambe. C'è un silenzio irreale: come se le pareti stesse fossero incredule del loro destino. Vorrei portarmi via mezzo negozio, ma non si tratta del solito shopping gioioso. Non c'è entusiasmo nel portarsi a casa Life in photographs di Linda McCartney a 15 Euro. Arrivo in cassa e trovo la prima commessa gentile di oggi. Non reggo e glielo dico che tutto questo è incredibile, che è un disastro, che mi sento uno sciacallo. Un avvoltoio addosso alla carcassa di un cadavere. Mi disgusta anche solo l'idea che Fnac possa essere un cadavere. Piango e la commessa, giustamente mi fa notare la sua situazione: "Da lunedì che ne sarà di noi?".

Mi viene in mente la chiusura del Negozio dietro l'angolo di Meg Ryan in C'è posta per te. L'assurdo è che qui non sta chiudendo un negozio di quartiere, sta chiudendo un multistore, o megastore, chiamatelo come volete. Ma Fnac di via Torino non era niente del genere: era un grande negozio con un'anima nel mezzo del centro di Milano. Per quanto frequenti la Feltrinelli di Piazza Piemonte o il Mondadori Multicenter di via Marghera, nessuno di questi è paragonabile a Fnac. Che è stata una scatola di esperienze e di emozioni tra le vetrine di una via caotica, la tappa umana nel flusso delle commissioni e degli impegni, il ristoro e la ricarica dopo gli scleri. Il bello di certi posti è che sai che qualunque succeda, ci sono. E invece no.
 
Fnac era la megalibreria Fox di C'è posta per te, ma con il cuore (e i commessi) del Negozio dietro l'angolo.

Sempre la cara Meg Ryan, sempre in quel film là, dice, abbassando la saracinesca del suo adorato negozio:

"Tra poco non saremo che un ricordo. Di sicuro ci sarà qualche sciocco che penserà che è un tributo da pagare a questa città il fatto che ti cambi continuamente sotto gli occhi in modo tale che non ci puoi mai contare".
 
Senza pensare che Milano non è New York. E questo non risolve la tristezza.
 
Ciao Fnac. Grazie degli incontri, degli sconti, dei cappuccini, delle pisciate senza prendersi la candidosi, grazie del bookcrossing ai chiostri di San Barnaba, grazie dei divanetti. Grazie del calore. Grazie di tutto.

 

E le lacrime continuano con... Harry Nilsson:
Remember, dalla colonna sonora di C'è posta per te.