mercoledì 28 dicembre 2011

Un nuovo Gatsby

Alla notizia ammetto di aver pensato: "OMG! Speriamo che non combini un pasticcio!". Baz Luhrmann sta girando una riduzione cinematografica de Il grande Gatsby, con Leonardo DiCaprio e Carey Mulligan. Il mio timore è fondato: l'ultimo lavoro di Luhrmann visto nelle sale è stato il polpettone Australia. Baz sarà anche il papà di Romeo + Juliet e Moulin Rouge!, ma la visione di Australia – e una mia recente re-visione proprio di Moulin Rouge! -  ha suscitato in me il dubbio che che si tratti di un regista sopravvalutato. Vorrà dire che prenderò il suo Gatsby come una prova del nove per dissipare i dubbi.

Redford e Farrow nel film del 1974
Più che indurmi a fare paragoni con Robert Redford e Mia Farrow, protagonisti della versione cinematografica del 1974, le prime immagini dal set del nuovo film mi hanno invogliato a riprendere in mano il romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Lo lessi – come indica la mia grafia adolescenziale sulla prima pagina di un'edizione tascabilissima – tra l'8 e il 9 luglio del 1999, nella traduzione di Fernanda Pivano. Pagai quel volume 5900 Lire. Einaudi ha appena rieditato questo capolavoro del 1925, sempre tradotto dalla Pivano, con prezzo di copertina 8,50 Euro. La vecchia edizione che lessi nel ’99 è piena di annotazioni, numeri di pagina cerchiati e sottolineature… l'ho adorato proprio quel romanzo!

Struggente, malinconico, tragico ed eroico il personaggio di Jay Gatsby. Costruisce ostinatamente il suo destino in direzione verticale, cercando di allontanarsi il più possibile da un punto di partenza fatto di umili origini, rinnegando il suo vero nome, James Gatz,  con un unico obiettivo: l'amore della bella, ricca (e vanesia) Daisy. Ricchezza e successo sono gli unici mezzi per raggiungerlo, restano meri strumenti. Per toccare Daisy, per averla solo per sé occorre prima salire tutti i gradini della scala sociale. Ma, proprio quando Gatsby sta sfiorando il suo sogno, tutto svanisce nel peggiore dei modi. Il destino non si costruisce esclusivamente con le proprie mani.

DiCaprio e Mulligan
nel film di Baz Luhrmann
Tra i tanti passaggi sottolineati, ne riporto due:

"I suoi genitori erano contadini fossilizzati e falliti: la sua fantasia non li aveva del resto mai accettati come genitori. La verità è che Jay Gatsby di West Egg, Long Island, era scaturito da una concezione platonica di se stesso."

E poi il finale:

"Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C'è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia… e una bella mattina… Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato."

Passato, futuro: oggi mi agitano sentimenti discordanti nei confronti di questo e di quello e mi chiedo se ci sia nella nostra generazione e in quelle nuove uno slancio così forte verso il futuro tanto forte da considerarlo "orgiastico". Poi penso che in fondo i tempi cambiano, ma ogni generazione conta il suo Gatsby, nutrito di ambizioni e con i suoi sogni a cui la vita fa lo sgambetto.

P.S. A proposito di passato e futuro: immagino che quando uscirà il Gatsby di Luhrmann (fine 2012, probabilmente) si avvertirà l'esigenza di riportare in auge lo stile anni Venti. il revival si presagisce già da pellicole come The Artist o Midnight in Paris, in cui il protagonista ha una vera ossessione per la Parigi di quella decade e attraverso un bizzarro salto temporale inizia a frequentare gli intellettuali dell'epoca. Francis Scott Fitzgerald e la sua Zelda in primis.

giovedì 22 dicembre 2011

Siamo quello che mangiamo

Pubblico qui un post che aveva già trovato spazio tempo addietro tra le note del mio profilo FB. Fu un intervento ispirato dalla lettura di Se niente importa. Perché mangiamo gli animali di Jonathan Safran Foer, uno straordinario mix tra un reportage giornalistico e una raccolta di memorie personali dell'autore. Grazie a quel libro - che acquistai con scetticismo, non per l'autore, ma per il tema: confinare la carne dalla propria dieta - ho imparato parecchie cose, soprattutto a dare importanza al cibo, perché davvero siamo fatti di quello che mangiamo, e non parlo solo di cellule e metabolismo. Dunque, la nota cominciava così...

Rompere la crosticina della crème brûlée. E per l'Amélie
del regista  Jean-Pierre Jeunet è subito "effetto Madeleine".
Potere del cibo...

Si può scrivere un'autobiografia passando in rassegna le pietanze che, per svariate ragioni, ci stanno più a cuore?

Purè di patate con carne trita
Nella mia testa è il piatto da mangiare quando sono malata. "Hai l'influenza? Il raffreddore? Ti senti debole? Non stai bene?" Purè con carne trita. Il purè di patate che prepara mia mamma, non perfettamente vellutato ma con qualche grumo. Abbasso i purè preparati.

Prosciutto crudo, cotto, salame
In età prescolare "realizzo" che tutti e tre derivano dal maiale. Disdegnando l'animale, finisce che disdegno anche gli affettati. Ma il cotto continuo a mangiarlo. Il crudo e il salame no. Motivo: sono rossi, evocano il sangue del maiale. Li bandisco dalla mia dieta fino ai 17 anni. Il prosciutto cotto, di un tenero rosa, mi fa tenerezza e continuo a mangiarlo.

Cervella impanate e fritte
Morbida delizia per il palato. Finché non realizzo (sempre in età prescolare) che per cervella si intende proprio il cervello della povera mucca. Depennate dai miei menu. Mi infastidisce ricordare che sì, erano proprio buone.

Minestra con cosce di rane
Ovviamente l'età è quella prescolare. Ammazzo la noia migrando nelle case dei vicini, curiosa delle loro abitudini, delle loro case diverse. Una di loro mi ospita spesso a cena: tra i cavalli di battaglia della sua cucina, la minestra ut supra. Non faccio una piega, la mangio, faccio il bis. All'epoca poco lontano da casa mia scorreva ancora quella che in milanese si chiama rungia e dentro vi abbondano rane e ranocchie. Mio nonno spesso ne catturava una e la portava a casa in un secchio, dove la osservavo affascinata e un po' schifata. Smisi di mangiare rane non perchè mi facesse senso. Iniziai a rompermi della vicina e mia madre non ha mai cucinato rane.

Rane fritte.
Delizia o raccapriccio?


Pomodori, insalata
Mio padre ha un orto. A volte preferisco la verdura del supermercato, plasticosa, finta, insapore. Mi dà l'idea che non marcisca mai (eppure lo fa eccome, il mio frigo ne sa qualcosa). E dunque non mi ricorda che anche io farò la stessa fine.

Uova sode
Ho cinque anni, accompagno mia madre a prendere mia sorella e mio fratello a scuola. Piove, siamo a piedi e la strada che porta all'istituto ha un tratto sterrato e fangoso. Al ritorno piove così forte che il cappello di tela cerata cede (o forse mi distraggo e basta) e finisco con la faccia per terra, segnandomi il naso: lacrime. Quel giorno a pranzo, in tavola ecco le uova sode.

Tortellini alla panna
All'età di dodici anni circa, mio fratello viene saltuariamente colto da voglie di tortellini alla panna verso le 22.30. Voglie che provvede a soddisfare cucinando da sé. (Non è un racconto metaforico di zozzerie preadolescenziali. Ora che ci penso, Freud le avrebbe lette proprio così)

Gnocchi
Li preparava a mano mia madre. Un gran sbattimento. Ha smesso quando ero alle medie. L'ho supplicata di provarci ancora una volta un paio d'anni fa, ma il risultato non era all'altezza delle apsettative. È lei che ha perso la mano o son io che ho un ricordo sfalsato del sapore degli gnocchi?

Carote al burro
Le adoravo. Poi un'estate, in colonia, spazzolo la mia porzione, quelle di due amiche vicine di mensa che non sopportano le carote e chiedo il bis. Da quel giorno non ho più voluto saperne.

Nanni Moretti nella celebre scena della Nutella in "Bianca".
E comunque, che mondo sarebbe...



Nutella
A 17 anni mi venne la fissa dei polpacci grassi. Mi misi a dieta ferrea. Nei momenti di malinconia mi avvicinavo all'armadietto dei dolci, prendevo un vasetto di nutella, l'aprivo, l'annusavo e lo chiudevo. Aver perso l'olfatto (non a causa della nutella...) oggi mi impedisce anche solo di pensare di privarmene ancora per qualsivoglia regime dietetico.

Riso
Prima di cucinarlo, mia nonna lo mondava: passava i chicchi scartando quelli un po' anneriti. Non ho mai visto nessun altro farlo.

Gran Cereali Mulino Bianco
Al termine della funesta dieta dei miei 17 anni, se ne cominciavo una confezione la portavo a termine.

Babà con panna montata
Studio all'Università. La domenica lavoro in pasticceria, sforzandomi sovraumanamente di non toccare neanche un bigné. Non saprei darmi più un contegno e dopo il bigné mi farei il cannolo siciliano, poi i vol-au-vent alla crema, poi i mini croissant al cioccolato e via di seguito. Resisto fino a una domenica d'agosto. In negozio non entra un'anima. La titolare, desolata mi fa: "Roberta, ci facciamo un babà con la panna montata intorno?", al capo non si può dire di no. È stato il primo di una lunga serie.

Lesso
Tappa obbligata della cena domenicale. Passati i vent'anni mio fratello sbotta: "E basta con 'sti cibi medievali!". Mi associo.

mercoledì 21 dicembre 2011

Quel che è visto è visto / Film 2011

Il film di Terrence Malick
non vuole vie di mezzo:
si ama o si odia
Chiudiamo i conti anche cinematograficamente con il 2011 con un'operazione sgradevolissima: dare i voti ai film usciti quest'anno, mese per mese, che ho visto in sala. Sgradevole perché: punto 1 vengo colta dal rimpianto di non avere visto abbastanza (e non è che ci voglia molto); punto 2 perché le pagelle sono da sole qualcosa di fastidioso. Per rimediare al punto 1, indico quali titoli val la pena recuperare. Due piccioni con una fava: in questo modo ho già un piccolo elenco di buoni propositi cinefili per il 2012.

N.B. ricordate, i giudizi sono assolutamente personali!




Gennaio
Il discorso del re: voto 7
Film impeccabile, ma qualcosa ancora oggi mi sfugge...

Che bella giornata: voto 7
Una commedia che strappa risate dall'inizio alla fine, ben ritmata.

La versione di Barney: voto 6
Un film tratto da un libro è e deve essere un'altra cosa rispetto al libro.
Questo è stato un film commovente e divertente, ma senza fuochi d'artificio.
 Il regista ha fatto bene i compiti, senza infamia e senza lode.

Hereafter: voto 7
Eastwood un po' sottotono e lento. Ma come si fa a non amare un film
che parla di morte per farti amare la vita?

Tamara Drewe: voto 6
Piacevole visione. Nulla di che.

Vallanzasca: voto 6 e 1/2
Saga appassionante di un bandito. Infastidisce la visione evidentemente "paracula"
di Placido, benché dica di non esprimere giudizio sul bel René. Sarà...

Febbraio
Il cigno nero: voto  7 e 1/2
Un film da manuale di psicologia. Ben fatto, ottimamanete recitato
ma troppo barocco rispetto a The Wrestler, sempre di Darren Aronofsky.

Il grinta: voto 6 e 1/2
I Coen lanciano un western in cui il vero Grinta è una ragazzetta di 14 anni.

Burlesque: voto 4
Imbarazzante. E ho detto tutto.

Marzo
Il gioiellino: voto 6
Film apprezzabile, ma non ricordo con lucidità molte scene.
Alla proiezione non ero ubriaca, quindi ci sarà pure un motivo.

Da recuperare: Non lasciarmi

Aprile
La fine è il mio inizio: voto 6
È sempre difficile realizzare un film "spirituale". Purtroppo ho una vena troppo cinica per lasciarmi coinvolgere dalla parabola di Tiziano Terzani. In questo caso è colpa mia.

Habemus papam: voto 7 e 1/2
Qualcuno ha detto che era un film troppo narcisista.
Perché, che altri film fa Nanni Moretti?  Chi lo ama non aspettava altro che un lavoro così.
Io ci ho visto un racconto per immagini sulla responsabilità,
sulla capacità e sul potere. E sul coraggio di dire no.

Corpo celeste: voto 6 e 1/2
La stampa italiana è andata in brodo di giuggiole per questa opera prima.
Delicata, poetica. Pure troppo.

Maggio
Come l'acqua per gli elefanti: voto 5
Ricordo di aver pensato due cose all'uscita dal cinema: zero chimica tra i due attori.
E: possibile che Hollywood non ci regali più commedie cretine
o stupidi film sentimentali con un sexy cast come Dio comanda?!
Ad averne di Top gun e Pretty Woman!

The tree of life: voto 9
Un super film. Filosofico, scientifico, intenso, emozionante.
O lo odi o lo ami. Io l'ho amato (se non si fosse capito).

Giugno
I guardiani del destino: voto 5
Sarà che non sopporto Emily Blunt, sarà che ho trovato direrse scene irritanti.
Sarà che m'è sembrato di buttare via due ore della mia vita e non mi va giù.

Four lions: voto 8
Un film che ti fa ridere di brutto, fino a venti minuti dalla fine, quando
ti rendi conto che non c'è proprio un cazzo da ridere. Chapeau.


Luglio
Harry Potter e i doni della morte II: voto 6 e 1/2
L'estate cinematografica in Italia è una stagione secca e arida.

Settembre
Drive: voto 7 e 1/2
Delicatezza e violenza convivono in un film testosteronico e romantico.
Lacrime e sangue? Ma, più che altro sangue. Tanto. Eppure...
Ringrazio il regista per avermi fatto scoprire Ryan Gosling. 

Crazy, stupid, love: voto 7
Ringrazio il regista per avermi fatto scoprire - ari daje - (la tartaruga di) Ryan Gosling.
Scherzi a parte, è una commedia brillante, densa e mai volgare né noiosa. Rarità!

La pelle che abito: voto 6 e 1/2
Apprezzo le contaminazioni con il genere horror di Almodóvar,
ma lo amo di più quando realizza affreschi di donne. Tipo Volver, insomma.

Ma come fa a far tutto?: voto 5 e 1/2
Sembra una presa in giro per le mamme che lavorano nella vita reale.
Purtroppo sono affetta da Sex-&-the-City-mania, sicché non riesco
a bocciare davvero nulla di quanto realizza quella befana di SJP.

Da recuperare: Carnage

Ottobre (mese ricchissimo!)
Jane Eyre: voto 7
Per una volta il romanzo di Charlotte Brontë  viene davvero riletto cinematograficamente!
Altro che Zeffirelli! Atmosfere gotiche e interpreti credibili. 
E qui ho scoperto Michael Fassbender. Se vi par poco... 

Amici di letto: 4
Uno dei film più brutti che abbia visto negli ultimi tre anni.
Nulla può Justin Timberlake per farmi cambiare idea.

L'amore che resta: voto 7
Atmosfere struggenti e delicatezza pungente.
Fotografia e costumi wow!

Post mortem: voto 7
Trattasi di film del 2010, ma l'ho visto solo quest'anno e valeva la pena includerlo.
Da manuale, essenziale. Direi anche: "ecco come il cinema del Sud America
arriva in Europa pronto a farci il culo".

Le avventure di Tintin: voto 7
Un bel film di animazione, anche senza il 3D, immagino.
Spielberg infarcisce il tutto con tante citazioni cinematografiche, regalando
alle nuove generazioni un motivo per appassionarsi al cinema.

Da recuperareThis must be the place
Faust + Una separazione +
 Melancholia + Tomboy

Novembre
(il mese della mia imperdonabile latitanza)
Da recuperare: Miracolo a Le Havre
Scialla! + Pina 3D

Dicembre
(il mese della mia perdonabile latitanza - causa malattia)
Midnight in Paris: voto 6
Allen manda un buona idea (quasi) in malora. Ripigliati Woodyno!
Incomprensibile la candidatura di Owen Wilson come miglior attore ai Golden Globe...

Il giorno in più: voto 6 e 1/2
Una commedia italiana di cui non ci si debba vergognare per la trasandatezza
della scenografia, dei costumi, della sceneggiatura. La sensazione
è che il regista non abbia voluto spingere troppo il pedale del romanticismo.
Peccato: è proprio quello di cui si sente la mancanza.

Da recuperare: The artist  +  Le idi di marzo

martedì 20 dicembre 2011

Quel che è letto è letto / Libri 2011


Ritratto, piuttosto sfocato, dei libri "catalogati" nel mio 2011
Eccoci quasi alla fine dell'anno. Queste sono quasi tutte le mie letture del 2011. Da sinistra a destra: Jeffrey Eugenides La trama del matrimonio, Diego De Silva Non avevo capito niente, Charlotte Bronte Jane Eyre, Milena Agus Mal di pietre, Françoise Sagan Bonjour tristesse, Rosa Matteucci Tutta suo padre, Natalia Ginzburg Le piccole virtù, William Shakespeare Giulio Cesare, Stephen King Shining, Gianni Miraglia Muori Milano Muori!, Amélie Nothomb Le catilinarie, Arrigo Petacco La principessa del Nord, Vincenzo Latronico La cospirazione delle colombe.

Ne mancano un paio, letti ma non ancora pubblicati e, ancora, due pesi massimi: Alveare di Giuseppe Catozzella e Libertà di Jonathan Franzen, che in questo momento giacciono in prestito presso terzi. Vorrà dire che ne riparlerò in separata sede. Spero di aggiornare l'elenco, visto che allo scoccare del 2012 mancano ancora un paio di settimane, giorno più, giorno meno...

E dire che nell'elenco del mio personale "da leggere" buttato giù all'inizio di gennaio, c'erano: Underworld di DeLillo, Altre voci e altre stanze di Capote, Soffocare di Palahniuk. Da recuperare nel 2012, a questo punto. Si aggiunge alla lista dei recuperi, la lista dei libri che attualmente aspettano sulle mensole della mia Billy: Il re pallido di Foster Wallace in primis, la bio di Montanelli, quella di Vallanzasca, La cucina color zafferano e Pane e acqua di rose che mi hanno regalato.

A onor del vero, debbo ammettere che dal ritratto delle mie letture 2011 manca anche un altro libro. Si tratta de Il tempo che vorrei di Fabio Volo. Che vi devo dire, ognuno ha le sue debolezze... anche in questo caso - il caso cioè del "caso Fabio Volo" - ne riparlerò in separata sede.

Io Maurizio Cattelan non riesco a odiarlo

Io Maurizio Cattelan non riesco a odiarlo. Non mi riesce di includerlo nella categoria di impostori di successo dotati di furbizia più che di talento. Certo, non credo minimamente a una sola parola di quelle che rilascia nelle sue interviste. E ha pochi degni rivali nel giostrarsi nel circo dell'arte contemporanea, fatto tanto di marketing quanto di creatività. Trovo le sue opere geniali e pazienza se quando avrò 90 anni ci ripenserò e mi darò della stupida. Immagino che a quell'età ci si dolga per ben altri dispiaceri… sicché, piuttosto, spero di dolermi proprio per il giudizio su Cattelan. Ma ora di anni ne ho molti di meno, soldi in tasca sempre pochi, ed è per questo che vorrei essere dotata di un economicissimo mezzo di teletrasporto per fiondarmi al Guggenheim di NY, dove fino a gennaio Catto-Cattelan, come lo chiamo io affettuosamente e cacofonicamente, è in mostra con "l'umilissima" retrospettiva All 

Veduta della mostra All


Il Guggenheim è uno spazio che potrebbe restare tranquillamente vuoto. Tanto brutto fuori (assomiglia in effetti a un water, date un'occhiata all'immagine qui sotto...) quanto sbalorditivo dentro. Paradossalmente, non è adatto a ospitare mostre, provate voi a guardare un quadro o una statua dal suo pavimento inclinato e poi ne riparliamo. Inclinazione dovuta alla sua celebre struttura a spirale, pensata da Frank Lloyd Wright e con la quale gli artisti come Cattelan vanno a nozze. Quella salita a spirale riempie, grazie ai suoi vuoti, l'architettura del museo ed è riempiendola delle sue opere che è stato creato il "non-percorso" espositivo della mostra All. Dal lucernario dell'edificio pendono decine di cavi, a cui sono agganciate La nona ora, l’Hitler genuflesso e tutti gli altri grandi lavori dell'artista che lasciano a bocca aperta per motivi più diversi.

Il mitico museo Solomon R. Guggenheim

Non potendo volare a NY, dovrò accontentarmi di tornare a visitare il super dito medio di Piazza Affari, altrimenti ribattezzato L.O.V.E., miracolosamente sopravvissuto ai milanesi perbenisti che - chissà - saranno talmente incazzati con la finanza da aver pensato che "quanno ce vo', ce vo'".


L.O.V.E. davanti a
Palazzo Mezzanotte

Oppure potrei comprare (farmi regalare?) il catalogo – bibbia dell'esposizione americana, edito da Skira, che ho sfogliato con soddisfazione qualche giorno fa alla libreria Rizzoli di Galleria Vittorio Emanuele. In qualunque momento potrei invece ripensare a quella volta che visitai la mostra Mapping the studio di Punta della Dogana a Venezia. In una sala c'era una serie di nove sculture in marmo di Carrara firmate da Cattelan: rappresentavano altrettanti cadaveri ricoperti da un lenzuolo. Non ci sono parole per descrivere la sensazione che ho provato in quell'istante. Terrore, attrazione, curiosità, angoscia, dolore. Tanto mi basta per perdonare ogni presunta cialtroneria a Maurizio Cattelan.


9 sculture, marmo bianco di Carrara
Courtesy of Maurizio Cattelan Archive. © Palazzo Grassi
    

venerdì 16 dicembre 2011

Arrondissement, questo sconosciuto

Poi dicono che leggere non serve a niente. Insomma, c'è questo romanzo che sto leggendo, si intitola La trama del matrimonio e l'ha scritto Jeffrey Eugenides (l'ho conosciuto quando ho letto il suo Middlesex, che - finora - vale il doppio di questo libro): uno dei protagonisti, Mitchell, dopo la laurea trascorre un anno in giro per il mondo. E già questo dovrebbe farmi star male q.b., perché ho una gran voglia di viaggiare e invece mi tocca starmene chiusa in casa con un tampone nell'orecchio (ma questa è un'altra storia). Invece mi fa star peggio il fatto che il suo viaggio abbia come prima tappa Parigi, ed è subito nostalgia, ça va sans dire! Ebbene, ditemi voi se non debba ringraziare Eugenides quando scrive:

Ci sarebbero voluti anni perché Mitchell riuscisse a capire la topografia della città, anni prima che potesse utilizzare la parola arrondissement, per non parlare poi di imparare che i quartieri avevano una struttura a spirale ed erano numerati in senso orario a partire dal centro. Era abituato alle città a scacchiera. Che il primo arrondissement potesse confinare con il tredicesimo senza che in mezzo ci fosse il quarto o il quinto gli risultava inconcepibile.

Ecco svelato il mistero degli arrondissement. Adesso mi sento un po' meno cretina per una avere mai capito un'acca della topografia parigina: Eugenides mi conferma che non è mica così lampante la struttura dei quartieri della città. Magari la prossima volta a Paris mi sentirò un po' meno "les incompetents!" (cit.).

domenica 11 dicembre 2011

Midnight in UCI Cinema.

Attenzione: post ad alto tasso di snobismo.

Io e Stefano decidiamo di andare a vedere l'ultimo di Woody Allen. Per me che ho amato Prendi i soldi e scappa, Manhattan, Io ed Annie, eccetera eccetera, è diventato un rito andare al cinema per sapere che combina il vecchio Woody, che continua a sfornare un film all'anno, seppur con risultati non sempre eccellenti. Ma a Woodino si perdona tutto, o quasi: mi mette ansia il fatto che stia girando a Roma... non vorrei me le faccia girare con certi luoghi comuni sugli italiani, anyway... 
La locandina dell'ultimo
film di Woody Allen

Eccoci, io e Stefano in una fredda sera di dicembre dirigerci nel cinema più vicino per guardare Midnight in Paris. Sfortuna vuole che la sala in questione fosse una multisala, di quelle infestate da orde di spettatori inconsapevoli, mangiatori seriali di pop corn e ingurgitatori di coca cola con rutto in canna. Caciaroni e stolti, rischi di trovarteli compagni di poltrona davanti all'ultimo di Cronenberg solo perché la sala col nuovo dei Vanzina è ormai stracolma, non ti risparmiamo un ventaglio creativo di improperi contro il regista a proiezione conclusa.

Ebbene, anche stavolta la fauna dell'UCI Cinema di viale Certosa non disattende le aspettative, ma vi pare però che oltre al carosello di cui sopra debba sopportare oltre 20-minuti-20 di pubblicità prima che inizi il film vero e proprio? Spot, peraltro in bassa risoluzione, di mobilifci e pastifici di provincia, spot di una bruttezza inguardabile, che sembrano usciti da un tunnel spazio-temporale perché non è pensabile che siano contemporanei a Steve Jobs, alla Pixar o al mio schifosissimo televisore LCD. Spot interrotti ogni tanto da trailer di film, oddio... trailer... dureranno un quarto d'ora... una selezionatissima cernita di trailer, solo di quelle pellicole che non andresti a vedere manco se ti pagassero (a meno che la sala che proietta Cronenberg sia piena.... anzi, no, neanche in quel caso) e se mai ti venisse voglia, dopo un trailer così ti passa di sicuro.

Dopo venti minuti di stupro visivo finalmente inizia Midnight in Paris. Mi sento stremata, quasi me ne tornerei a casa, giuro. Eppure, a film ultimato trovo ancora la forza per giudicarlo. Il mio spirito critico è ancora sano e salvo, ma all'UCI Cinema mai più.

venerdì 2 dicembre 2011

Ci son donne e Donne

L'intensa e inquieta Dalida
Se doveste pensare a un mito dei nostri tempi che nome fareste? Se vi chiedessero di pensare a una donna, poi, non pensereste subito a Marilyn Monroe? Anche Norma Jeane Baker è tra le protagoniste di un ciclo di incontri allo Spazio Ipazia di Abbiategrasso, insieme ad altre donne eccezionali: Mia Martini, Edith Piaf e Dalida. Pochi ma preziosi appuntamenti, condotti da Ivan Donati che con questo progetto realizza una sorta di versione "3D" della sua rubrica radiofonica Vissi d’arte vissi d’amore, sulle frequenze di RadioClassica ogni mercoledì mattina. Nelle dirette radio Donati racconta la vita di uomini e donne straordinarie per animo, sensibilità, successi e sventure, amori e dolori, ma nella rassegna abbiatense il focus è tutto al femminile.


Dopo le serate dedicate a Mia Martini e alla Piaf, venerdì 2 dicembre sarà la volta di Dalida, la settimana successiva Marilyn chiuderà il cerchio. "Le vite di queste donne sono state ricche di successi e fortune, ma altrettanto tragiche - spiega Ivan Donati -  Le loro storie partivano da premesse scoraggianti, ma ciascuna di loro ha saputo trarre dagli svantaggi e dai drammi un’occasione di riscatto e un senso aggiunto, seppur precario, alla loro vita…".


La cornice che abbraccia questi incontri è un'ulteriore attrattiva. Tutti si svolgono nella sala elegante e accogliente di Ipazia, in un edificio del '600, in pieno centro storico. Creano una rassicurante atmosfera da salotto di casa le luci soffuse, le tazze di tè caldo servite ai tavolini con i dolci fatti in casa dalle ideatrici e fondatrici dello spazio: Nunzia, Agnese, Daniela e Angela. Già anime dell'Associazione culturale Iniziativa Donna di Abbiategrasso, hanno sognato e desiderato il progetto Ipazia per anni, con determinazione e tenacia sono finalmente riuscite a realizzarlo. Quattro fiori d'acciaio, insomma, come le donne raccontate in questa breve rassegna da Ivan Donati. Forse troppo breve: speriamo allora che l'appuntamento si rinnovi con un nuovo ciclo di incontri con la vita di nuove grandi donne, magari già dalla prossima primavera.