domenica 12 gennaio 2014

Quel che è letto è letto / Libri 2013

L'anno è cominciato bene, per subire poi una battuta d'arresto sul finale... Letto poco, pochissimo, ma bene. Buoni titoli, fresche scoperte e gradite conferme. Si parte con un classico mai letto prima, Colazione da Tiffany. Vi interesserà forse sapere che si legge riuscendo benissimo a mettere da parte il film. Anzi, francamente, una volta letto mi chiedo che ci azzecchi Holly Golightly con l'immagine pur iconica di Audrey Hepburn. Il personaggio è indimenticabile, entra nel cuore e ci danza con malinconica leggerezza. A seguire: Philip Roth e il suo Nemesi: danni, beffe e tragedie dell'umano vivere. È Roth, insomma. Amaro, diretto, grande. A febbraio è la volta di Miele, di cui già scrissi a tempo debito...

Una piccola pigna di carta per grandi incontri e sogni a occhi aperti
Marzo: complice il bicentenario della sua pubblicazione, riprendo in mano Orgoglio e Pregiudizio. Rileggerlo a parecchi anni di distanza dalla prima volta è piacevole al quadrato. Peccato che finita la lettura venga colta da irrimediabile nostalgia per le pagine che furono. Sicché il libro ha campeggiato sul mio comodino per settimane, ogni tanto lo sfogliavo per soffermarmi a caso su capitoli e paragrafi, guardo e riguardo Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright (meditando un viaggio nelle verdi campagne inglesi) appena ho un attimo di tempo. Mi capitò una cosa del genere solo alle scuole medie, quando appena tornavo da scuola mettevo su la videocassetta di Chi ha incastrato Roger Rabbit?. Che dire? Il tempo passa, certe manie no. Mi resta addosso la Austen Mania, anche adesso, per dire.

La banconota celebrativa dei 200 anni di Orgoglio e Pregiudizio

Ad aprile leggo per motivi di lavoro, poco per iniziativa personale. Maggio mi chiede di tornare ad ascoltare i racconti di Oliver Sacks: Un antropologo su Marte. Si rivela essere un'esperienza ricca di incontri con personaggi splendidi e con una materia pazzesca come la neurologia... Si dovrebbe forse leggere un'opera di Shakespeare all'anno ma anche una di Oliver Sacks, per capire qualcosa del mistero umano? L'anno letterario ha però un momento cruciale che è la lettura di Storia di un corpo di Daniel Pennac (autore che in genere non amo affatto). Un libro che ho regalato o suggerito appena ne ho avuto l'occasione. L'idea di base è forte, la realizzazione perfetta. Sarà che mai come nel 2013 il mio di corpo mi ha parlato molto più che negli ultimi dieci anni (e in effetti io ho iniziato ad ascoltarlo come mai prima). Non so, il fatto è che questo romanzo mi ha tenuto compagnia come un amico, con i suoi racconti che ho trovato struggenti. Aggettivo che è il caso di usare anche per Fai bei sogni. Evidentemente mi sono data ai best-seller e, se il risultato è questo, ne valeva la pena. Dico subito che lo stile di Gramellini non mi ha conquistato del tutto, a volte troppo paraculo, a volte troppo elementare, eppure avevo bisogno esattamente di questo quando l'ho letto. Di qualcuno che mi dicesse, con estrema chiarezza e spudoratezza, frasi sincere dal significato profondo, del tipo: "Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro a una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l'assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione". Hai detto niente.

Tanto per passare da un estremo all'altro, in estate leggo Vergogna, di J.M. Coetzee. Ho avuto il coraggio di portarmelo in spiaggia. E di divorarlo. E dopo di me, mio marito. Che durezza, che asperità, che... botta! Non dico altro, se non che merita, stramerita. Non l'avrei letto se non fossi stata incuriosita da una nota recensione che ne fece Baricco, che leggete qua, la quale del resto dice solo un pezzetto del romanzo. Poi è stata la volta di tutt'altro ancora: Mangia Prega Ama. Premessa: vidi il film e ne rimasi orripilata. La lettura del romanzo invece è stata una sorpresa e un dono. Evidentemente certi libri (come quello di Gramellini, per dire) si apprezzano solo se letti in certi momenti delicati della propria vita. Quando abbiamo il cuore e l'animo aperto per accoglierli. Io, quest'anno, ho messo da parte la spocchia, il cinismo (di cui francamente mi sono rotta), e mi sono detta: perché non ripartire dal gusto elementare delle cose? Perché non concentrarsi sull'essenza di una parola semplice, di un sapore, di un'esperienza "banale", viverla pienamente e vedere che succede? Rallentare, magari fermarsi e ripartire con un passo differente... Il libro della Gilbert in questo senso è stato provvidenziale.

Ho chiuso l'anno con Diario d'inverno di Paul Auster. Non sempre è andato giù come un bicchiere d'acqua, ma l'ho amato. E in lui ho trovato un amico segreto, con cui condividere qualche brutta esperienza comune e da cui stare ad ascoltare storie assurde, che a me non capiterebbero in un milione di vite. Del resto, non è anche questo che ci si aspetta da un amico?

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