martedì 6 settembre 2011

Avremo sempre Parigi

Henri de Toulouse Lautrec
"Divan Japonais" 1893
Nella stagione espositiva appena inaugurata, due grandi mostre – una terra di Emilia, l'altra in quella di Romagna – si legano da un fil rouge che conduce a Parigi.
La Fondazione Magnani Rocca di Parma (Mamiamo di Traversetolo è il luogo preciso) ospita gli affiches di Henri de Toulouse Lautrec, restituendo l'atmosfera della Parigi della Belle Époque, popolata da ballerine, borghesi licenziosi e habitués dei cafés.
Nel ferrarese Palazzo dei Diamanti si respira invece il clima parigino degli Anni Venti. Schiacciati tra i due grandi conflitti del secolo scorso, sono anni estremamente prolifici dal punto di vista creativo, che eleggono Parigi coacervo di correnti artistiche d'avanguardia. Reagendo alla crisi economica, agli orrori della Grande Guerra, al senso di oppressione che impedisce di scorgere un orizzonte sereno, gli artisti si muovono spinti dalla ricerca di mondi diversi, forse anche d'evasione, esprimendo punti di vista inesplorati e fino ad allora mai tentati. L'aria si fa frizzante per gli artisti che giungono nella capitale francese. Attraverso incontri e influenze reciproche, il continente, ancora inconsapevole, assiste alla nascita di correnti come il cubismo o il surrealismo, ma anche ad artisti "battitori liberi" come Modigliani o Chagall.

Se la mostra di Parma si concentra sul legame tra le opere (antesignane delle moderne pubblicità) di Toulouse Lautrec e la grafica giapponese, lasciando la Montmartre di fine Ottocento sullo sfondo (ma che sfondo), l'esposizione di Ferrara parla - attraverso le opere di Picasso, Matisse, Le Corbusier, Dalì, Leger, Mondrian e molti altri – di un momento critico del secolo scorso, in cui lo slancio vitale venne perpetuato da artisti visionari, la cui temerarietà è stata premiata dal tempo.

L'autunno/inverno artistico 2011-2012 è agli inizi e sono giorni in cui le parole "crisi" e "default" si rincorrono tra tg e quotidiani, a ricordarci gli equilibri precari su cui si regge lo stile di vita occidentale. Possiamo permetterci di sperare che da qualche parte, magari anche a Milano dove vive la sottoscritta, si incontrino persone che credano in una alternativa, in grado di vivere un fermento contagioso che non abbia il colore bigio delle prospettive dello scenario in cui ormai da un pezzo ci muoviamo? Se non altro, per poter dire ancora "Avremo sempre Parigi".

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