martedì 8 novembre 2011

Berlino e l'ottimismo della volontà

Il film diretto da Wolfgang Becker
Mi ero preparata un pezzo sull’anniversario del crollo del muro di Berlino. Rileggendolo non credo di aver scritto fregnacce, ma taglio le mie considerazioni personali sull'evento (l'anniversario) e sull'Evento (la caduta del muro) e salto direttamente alla conclusione e parlare di un film geniale in proiezione allo Spazio Oberdan di Milano proprio la sera del 9 novembre. Good Bye Lenin! è stato girato nel  2003 e, riassumendo all'estremo la sinossi, racconta di Alex, un ragazzo che cerca di ricostruire la realtà quotidiana della Berlino Est dopo il crollo del muro: tutto per tutelare la salute della madre. La donna infatti, una fervente attivista del regime, cade in coma proprio negli ultimi giorni di Berlino Est. Al suo risveglio tutto è cambiato ed è solo l’inizio: addio muro, addio Trabant, benvenute librerie Billy by Ikea e BMW… Lo shock del cambiamento potrebbe essere fatale alla mamma di Alex e così il ragazzo, la sorella e un amico fingono che tutto sia rimasto immutato, arrivando a confezionare telegiornali fasulli e ad allestire una sorta di scenografia in cui tutto è rigorosamente comunista per illudere la donna. Le faranno credere persino che i cittadini di Berlino Ovest abbiano chiesto cittadinanza alla Berlino rossa, colti da uno slancio anticonsumista.

Good Bye Lenin! è uno di quei film che un po' ti fanno sorridere e un po' ti fanno stringere lo stomaco. Tra le tante scene memorabili, ne ricordo una che forse passa più in secondo piano, quella in cui Alex e la sua fidanzata stanno affacciati al balcone di un appartamento sfollato e che hanno occupato, facendolo diventare tutto loro. Non ricordo le battute di quella scena, ma ricordo la sensazione nel vedere quelle immagini. Una giovane coppia si affaccia su una città colta in un irripetibile momento storico: tutto è finito e tutto è da fare. È il tramonto ma è anche l'alba. Nostalgia ed entusiasmo si incontrano e non si riesce a capire dove finisce l'uno e inizia l'altro, però poi a vincere è il futuro che è lì davanti, da scrivere e da conquistare. Pare che oggi per i giovani berlinesi la città parli ancora di futuro in termini ottimisti, nel senso – si badi - di "ottimismo della volontà".

Visitai Berlino nel 2003: la città era tutta un cantiere, sembrava che da quei buchi nel terreno sgorgassero fiumi di energia. Come se quei cantieri fossero la rappresentazione fisica di un'operosità diffusa tra la gente e la città fosse un progetto in divenire, non solo architettonicamente ma umanamente. Mi piacerebbe tornarci e poi tornare a casa, a Milano, dopo aver messo in valigia quella merce rara che è l'ottimismo della volontà.

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