Nell'arte contemporanea non sono molti gli artisti che hanno saputo trovare un loro tratto distintivo, un motivo peculiare, quasi ossessivo, a cui sono rimasti fedeli nel tempo. Diciamo dal 1967 ad oggi. Quello è l'anno in cui il francese
Daniel Buren si è appropriato delle righe e le ha fatte diventare il suo "utensile visivo", per usare le sue parole. Davanti alle sue opere sono scettica, una mia cara amica invece le adora, ne è divertita e davanti al mio scetticismo ha reagito a suo modo: "
Ma come? Non ti fanno venire in mente le cannucce del succo Billy?!". Così oggi ho letto questa notizia e ho pensato alla mia amica, alle cannucce del succo Billy e alla bandiera a strisce e strisce con cui il Signor Buren porta avanti il suo lavoro nell'arte.
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Il set Daniel Buren per Illy |
La notizia, frivola, è il set di tazze da caffè che Buren ha decorato per
Illy che, si sa, periodicamente fa firmare una linea all'artista del momento. Mi aspettavo un risultato più impattante e invece Buren ha giocato d'astuzia. Le righe ci sono ma non in un'evidenza sfacciata. Il set è da quattro: le tazzine sono completamente nere e poggiano su un piattino con una striscia nera al centro, su fondo bianco. Il diametro dei piatti è differente, si allarga dal più piccolo al più grande. La superficie nascosta di ciascun piattino è colorata con tinte diverse così che sulla tavola si crei un riflesso dalle tonalità rosa, blu, verdi, arancio. Daniel Buren ha realizzato sempre (o quasi) delle opere site specific e questo set in qualche modo non fa eccezione perché è stato creato pensando alla tavola, all'effetto ottico provocato dall'allineamento delle tazzine su una superficie e ai possibili riverberi colorati. È il caso di dire che Illy e Daniel Buren hanno realizzato un'opera d'arte a uso domestico ( in vendita online a
160 Euro).
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Effetti ottici alla Buren |
La collaborazione tra l'artista e l'azienda triestina è alla seconda tappa, dopo la partnership della mostra al
Palais de Tokyo di Parigi nel 2004, e avviene in occasione di
Monumenta 2012 dove Daniel Buren ha occupato gli spazi del Grand Palais (sempre a Parigi) per una mostra che promette più di qualche emozione. Perché tanto attaccamento alle bande colorate? Ho trovato un'
intervista a Buren in cui l'artista spiega:
"Si tratta di un segno visivo semplice ma distintivo: un motivo a bande verticali di 8,7 centimetri di larghezza, dove il bianco si alterna ad altri colori. In effetti è sempre lo stesso, assolutamente immutabile da quarantatré anni. La sola cosa che non cambia è la misura delle righe, mentre tutto il resto, dalle idee ai materiali utilizzati, cambia costantemente, in funzione dell’obiettivo,
dei tempi e del luogo".
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Esempio di "affichage sauvage"
di Daniel Buren. 1968 |
"
Le righe sono l’esito di un processo naturale iniziato verso il 1964, quando dipingevo opere astratte caratterizzate da larghe strisce verticali. Nell’autunno del 1965, su un mercatino di Parigi, trovai per caso del cotone a righe, quello usato per fare cuscini e materassi, simile ai tendoni delle terrazze di caffè e ristoranti. Fui immediatamente attratto da quel materiale, forse perché somigliava ai quadri che stavo realizzando da oltre un anno. E, dato che quelle righe erano migliori delle mie, comprai molti metri di tessuto - la larghezza delle righe era appunto di 8,7 centimetri - e cominciai a lavorarci. Attenzione, però, a non confondere il tessuto con il ready-made, perché, almeno fino al 1967, sul tessuto c’era sempre la pittura. Dal 1967 ho fatto arretrare la pittura, ed è subentrato un utilizzo più concettuale e più astratto della sequenza bianco-colore-bianco-colore. Fu solo allora che pensai per la prima volta alla relazione delle mie opere con l’architettura e con lo spazio. E’ stata per me una riflessione cruciale, una scelta che non ho più abbandonato. Le righe - come ho detto - sono divenute un modello, uno strumento estetico che si piega a migliaia di possibilità".
Infine un sentito, doveroso, omaggio al succo d'arancia Billy.
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