mercoledì 5 ottobre 2011

Fenomenologia della proiezione stampa/1: il film strappalacrime

Presenziare alle proiezioni stampa è una faccenda complessa per diversi motivi. La visione dello struggente Restless, sul mercato italiano con il titolo L'amore che resta, nuovo film di Gus Van Sant, porta all'attenzione una delle ragioni di cui sopra: come comportarsi davanti a un film commovente quando si divide la platea con esperti professionisti, critici impassibili che mai cederebbero al fazzoletto? I registi devono essere al corrente dell'imbarazzo della situazione, perché hanno il crudele vizio di piazzare le scene più strappalacrime proprio sul finire della pellicola. Così, quando in sala si alzano le luci, tu sei ancora lì a tirare su col naso, gli occhi gonfi come zampogne, impossibile dissimulare il pianto e sfuggire allo sguardo dei professionisti di cui sopra.

Anche i critici piangono. O no?
Fino a qualche tempo fa mi avviavo all'uscita coprendomi il viso (e la vergogna) con i capelli, ora – complice il taglio corto - mi trattengo stoicamente fino all'auto (sempre che non sia in metro, allora il problema si fa serio) e mi libero sul sedile del guidatore col favore delle tenebre (se la proiezione si tiene la sera, sennò... ci siamo capiti). Ora, al cinema non sono certo l’unica a piangere tra i rappresentanti della stampa presenti, però io e quelli della mia specie non siamo nemmeno in tanti. Mi domando allora: perché? L'atteggiamento distaccato del critico agevola davvero il suo mestiere? Il critico più cinico è anche il più bravo? Sarà forse che la visione di centinaia di film fa indurire gli animi? Ma che senso ha andare al cinema con il freno a mano dell'impassibilità tirato? Con questi pensieri sguscio fuori dal cinema Palestrina in una sera di ottobre insolitamente calda, supero una coppia di giornaliste e le odo sentenziare sul regista: "Melenso… Patetico… Gioca pure a fare l’alternativo!". Ma i critici un cuore ce l'hanno? E se ce l'hanno, ogni tanto si ricorderanno di portarlo al cinema?

1 commento:

  1. Ma non è che questi critici hanno semplicemente perso l'entusiasmo e tu no, per fortuna?

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