giovedì 21 giugno 2012

Grace Kelly. Altro che cenerentole

La Principessa Grace
Ogni donna ha una principessa nel cuore, checché ne dica l'interessata. La mia è sempre stata in carne e ossa, anche se era così magnifica che è dura pensarla come un essere umano realmente esistito. Quando le mie coetanee fantasticavano su principi azzurri e cenerentole, io sfogliavo i vecchi Gente Mese di mia madre, i numeri dedicati alle teste coronate erano il top, il meglio del meglio erano le raccolte (in gran parte fotografiche) su Grace di Monaco. Sfogliati con cura maniacale, scrutati nei dettagli, letti con stupore e ammirazione totale per una donna bellissima, caparbia, intelligente tanto da tener testa all'ambiente di Hollywood prima e a quello del Principato poi. Perché avrei dovuto ripiegare su principesse di cartone quando avevo la testimonianza di una donna che stava più di una spanna sopra le suddette belle addormentate?

Nel 2007 Montecarlo dedicò a Grace Kelly una mostra che giunse poi anche a Roma, nel 2009: fu un dispiacere per me non riuscire a visitarla. Ma oggi è accaduto un fuoriprogramma che mi consola: ero in cerca di un po' di fresco artificiale mentre camminavo in centro a Milano, così sono entrata alla libreria Rizzoli. Il piacere dell'aria condizionata mi ha sedotta e con lui le chicche in vendita in quel piccolo paradiso: mi cade lo sguardo su un ripiano basso con dei cataloghi in offerta. E indovina chi esce dal negozio con sottobraccio il catalogo della mostra del 2009, trovato in super offerta (14 Euro anziché 49, mica bruscolini)? Gongolarsi per un affarre di siffatte (misere) proporzioni non è atteggiamento regale, almeno quanto non è regale arrancare su zeppe 12 cm sotto il solleone, zavorrata da due chili e rotti di tanto catalogo.

Il catalogo Skira della mostra del 2009.
Un tomo da più di due chili

Mi ricompongo sul divano di casa mia dove sfoglio il volume, con la stessa dedizione che usavo da piccina, quando sedevo a gambe incrociate sul (freschissimo) pavimento in marmo del salotto di maman con il mio Gente Mese tra le mani. Ho rialzato la testa e ho chiuso il prezioso libro dopo almeno un'ora, senza accorgermene. Tra fotografie viste centinaia di volte e altre del tutto inedite, mi sono lasciata emozionare dal sorriso pieno di vita di Grace Kelly, mi sono intenerita davanti alle foto del suo diario di ragazza - dove raccoglieva biglietti di teatro e fiori secchi - al pensiero che certe tappe, certi istinti, certi piaceri (innalzare su album di carta cattedrali di ricordi per i giorni a venire, e più vien su la cattedrale più costruisci la tua memoria, la tua persona) non cambiano mai, che tu sia figlia di un operaio, una commessa o una principessa.


Pagine dal diario della giovanissima Grace Kelly
nel catalogo Skira


Questa donna ha avuto ogni fortuna od ogni capacità per realizzarla, è stata all'altezza dei set cinematografici e del jet-set (espressione ormai vetusta), senza farsi sgretolare, e poi ha detto addio a tutto e ha ricominciato una nuova impresa, guadagnandosi sempre credibilità e ammirazione. Diranno alcuni che mica passava dalla miniera ai campi di cotone, o alla filanda, dove peraltro lavoravano le mie nonne. E chi lo negherebbe? Solo che non tutti sarebbero in grado di reggere la prova della gloria e uscirne raggianti, gente che butta occasioni ce n’è parecchia, gente che butta via se stessa a occasione colta con successo, pure. Sicché io guardo la mia Grace e, per quanto lontane anni luce, simpatizzo per lei, trovando ingiusta una morte come la sua. Ingiusta per una donna che – glielo leggi nel sorriso – amava tanto la vita, che – glielo leggi negli occhi - amava tanto la sua famiglia. Il che significa che non c’è un happy end? Il che significa che non è così scontato.
Altro che cenerentole!



I giochi con il marito Ranieri di Monaco
Sensibile al fascino di JFK?!


giovedì 7 giugno 2012

Memorie della Televisione. Da non perdere

Sanremo 1993
Baudo e la sua pupilla
Lorella Cuccarini, in Valentino
È il media più vituperato, la madre di ogni male e colpevole di rimbambimento e imbarbarimento degli italiani. La tv. Fin da quando ero piccina ricordo insegnanti, genitori, persino preti e medici additare la televisione come portatrice di vizio, capace di indurre mollezza nella carne e nella mente, untrice di ignoranza, corruttrice di spiriti. E io sono del 1980, fate voi. De Filippi, Belen Rodriguez e reality show non erano nomi o espressioni che ci azzeccassero con il tubo catodico o il digitale terrestre. Io avevo Bim Bum Bam, TeleMike e Bis, i Visitors e la tv dello zio Tibia, Solletico e Dallas, ho fatto in tempo perfino a vedere il teatro portato in tv, in orari non antidiluviani. E i Festival di Sanremo erano quelli di Pippo Baudo, tradizionali, nazionalpopolari, quelli che oggi si cerca di svecchiare, con tentativi patetici e soprattutto, come se si potesse snaturarere il nostro festivàl (come diceva mia nonna)... Provate a prendere la Regina Elisabetta e vestirla Dsquared per modernizzarla e poi ne riparliamo.


La Tv come indice culturale, come media degno di avere una sua epistemologia  una sua storia, oltre che una sua critica è quella di cui racconta il giornalista Ivan Donati con un nuovo ciclo di incontri ad Abbiategrasso, allo Spazio Ipazia. Dopo averci fatto conoscere alcune delle dive più amate, troppo fiere e troppo fragili, Donati ripercorre la storia - giovane, ricordiamolo - del nostro tecnologico ospite domestico, la serie di lesson, sempre da carattere intimo e informale, si intitola Memorie dalla televisione.

MEMORIE DELLE TELEVISIONE*
PROGRAMMA
  • giovedì 24 maggio
    Dalla radio alla tv: gli esordi e i primi anni della Rai, fra censura, rigore e partiti.
  • giovedì 31 maggio
    I grandi varietà di Antonello Falqui e il Carosello. Gli uomini e le donne Rai: Mike Bongiorno, Corrado, Pippo Baudo, Enzo Tortora e Raffaella Carrà.
  • giovedì 7 giugno
    I scintillanti anni '80: dal monopolio al duopolio. L'avvento di Fininvest e il nuovo modello culturale. Drive In, i contratti milionari e le showgirl. Il pop e il nazional popolare.
  • giovedì 14 giugno
    La tv di oggi: i reality, il nuovo linguaggio, il non-conduttore. L'avvento del digitale terrestre e la frammentazione dell'offerta. Gli sviluppi futuri.
*Per iscrizioni: tel. 340 1666184

Che gambe, le Kessler!

Mi permetto ancora una piccola riflessione. Nel primo incontro si è parlato, tra l'altro, della nascita del varietà, mi hanno colpito gli esordi delle Gemelle Kessler, incarnazione perfetta del verbo, ormai desueto, "ammiccare". Desueto perché non avrebbe più senso usarlo oggi che la sfrontatezza è all'ordine del giorno. C'è la storia degli italiani, dietro la storia della nostra televisione e anche quella della condizione femminile, in parallelo. Se dovessi dire chi rivorrei in tv dei personaggi del suo passato, vi direi Alberto Manzi, meglio conosciuto come il Professor Manzi. Il perché lo riassume molto bene l'autore del servizio (tv) che potrete vedere qui sotto, quando lo presenta così: "Alberto Manzi: categoria 'Italiani che fanno crescere altri Italiani', non numerosa, ma nobile". Penso a una vecchia intervista a Simona Ventura, quando era ancora sulla cresta dell'onda e la sua Isola sbaragliava la concorrenza: disse che non credeva che la televisione avesse un ruolo pedagogico. La tv può insegnare, non solo a leggere o a scrivere, può intrattenere mentre lo fa. Vorrei sapere se la Ventura ha cambiato idea.